Le attrezzature di ripresa fotografica sono negli ultimi anni proliferate in maniera incontrollata creando una vera e propria nube di attrezzature tecnologiche più o meno simili tra loro. Scegliere quella più adatta alle nostre esigenze è arduo, come definire quale tra queste sia la migliore in senso assoluto.

Quando si parla di fotocamere digitali ci vengono proposti molti parametri da valutare per orientare le nostre scelte. Prima tra tutte la risoluzione.

La risoluzione

Questo parametro descrive la quantità di punti che descriveranno l’immagine scattata. Dai primi anni duemila siamo passati da un valore di 6 a 36 milioni di punti, tuttavia qualcuno avrà notato che oggi anche alcuni cellulari vantano capacità simili, eppure in campo fotografico raramente si possono stampare fotografie di grandi dimensioni senza accorgersi della differenza tra una immagine di un cellulare, seppur evoluto, e quella di una fotocamera; ne possiamo paragonare i ventiquattro milioni di punti di una fotocamera compatta con gli stessi ventiquattro di una reflex professionale. Il risultato è sempre una marcata differenza di definizione o precisione dei dettagli che a questo punto intuirete che non può dipendere dal numero di punti registrati dal sensore, ma da altro.

Possiamo innanzitutto menzionare i vari programmi di aggiustamento automatico del rumore di fondo, tipicamente utilizzati per sopperire alla maggiore rumorosità dei sensori più piccoli ed affollati di punti fotosensibili, che sostanzialmente si occupano di levigare tutte le asperità cromatiche delle nostre immagini a danno della definizione globale; ma non è tutto.

Un altro elemento da tenere in considerazione è la sensibilità massima reale, e non interpolata, del nostro sensore.

La sensibilità

Normalmente chi lavorava in pellicola fino agli anni novanta, era solito usare sensibilità che oscillavano tra i 100 ed i 400 iso, misura questa che corrisponde alla grandezza fisica delle particelle d’argento incorporate nell’emulsone delle pellicole. Da qui, il termine “grana” veniva comunemente usato tra i fotografi per indicare pellicole più o meno problematiche a parità di sensibilità. Lo stesso problema avviene nei sensori delle apparecchiature digitali, oggi più genericamente detto “rumore”..

Gli stessi programmi menzionati in precedenza, intervengono anche nella compensazione dei disturbi derivanti dall’uso delle alte sensibilità sottraendo ancora definizione. Sorpassata infatti la metà della scala degli iso reali, propri di ciascun modello, il problema della grana diventerà via via sempre più marcato o nella migliore delle ipotesi, la nostra fotocamera tenderà ad uniformare le tinte della nostra immagine perdendo i dettagli.

L’uso delle alte sensibilità è uno stratagemma usato dai produttori di macchine fotografiche per ottenere due benefici fondamentali.

Il primo è quello di rendere possibile la realizzazione di foto in ambienti poco luminosi senza l’uso di luci flash, il secondo, e forse più importante, è quello di rendere possibile l’uso di tempi di esposizione rapidissimi senza perdere in luminosità, cosa molto utile ad esempio nelle foto

sportive. Tuttavia, anche se può sembrare una grande trovata, il risultato globale tenderà sempre ad essere inferiore a quello che in verità si potrebbe ottenere con un obbiettivo di alta qualità.

Apertura massima o Luminosità della lente

La luminosità della lente è in assoluto il fattore più determinante, da esso dipenderà la qualità intrinseca dell’immagine ripresa. Per chi conosce qualcosa dell’argomento saprà che in qualsiasi macchina fotografica, per controllare la giusta esposizione occorre aprire o chiudere i diaframmi del nostro obbiettivo. Sebbene tutte le macchine fotografiche raggiungano 22 come valore massimo in chiusura, è di gran lunga più importante che il valore massimo di apertura sia il più basso e vicino possibile al valore 1, vale a dire la luminosità dell’occhio umano.

Ebbene la qualità della vostra lente dipende da quel numero, di seguito riporto la scala completa dei diaframmi che parte da 1 per giungere a 4,0 che è il valore massimo di apertura di un obbiettivo commerciale di medio bassa qualità:

1, 1.4, 2.0, 2.8, 4.0, 5.6, 8.0, 11, 16, 22

Partendo dal presupposto che un obbiettivo a diaframma 1 a tutt’oggi non esiste, occorre sapere che la luminosità della lente dimezza in ciascun gradino della scala successivo ad esso e che proporzionalmente il costo di una buona lente aumenta notevolmente man mano che si scende verso 1.4.

Avere quindi una lente molto luminosa, di fatto minimizza gli interventi dannosi dei sistemi digitali di riduzione del rumore, consentendo l’uso di tempi rapidi e sensibilità basse, a tutto vantaggio della definizione totale dell’immagine. Altri benefici dovuti alle proprietà delle lenti saranno descritte nel prossimo articolo.

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